Il dovere di obbedienza sancito nell’art. 173 c.p.m.p. mira a tutelare l’esigenza di assicurare il corretto funzionamento dell’apparato militare a mezzo dell’osservanza dell’ordine impartito dal superiore gerarchico.

       All’interno del codice penale, nel titolo dedicato ai reati contro la Pubblica Amministrazione, viene sanzionata una fattispecie che richiama la struttura dell’art. 173 c.p.m.p, si tratta del reato previsto all’art. 329 c.p., che punisce la condotta del militare o dell’agente della forza pubblica che rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall’Autorità competente.

Tuttavia, mentre l’art. 329 c.p. fa riferimento non solo al militare ma anche a qualsiasi appartenente alla forza pubblica che rifiuti o ritardi una richiesta fattagli dall’Autorità competente, l’art. 173 c.p.m.p. fa specifico riferimento al militare che disobbedisce ad un ordine attinente al servizio o alla disciplina impartito da una superiore gerarchico. Da osservare anche la differente terminologia utilizzata dal legislatore nelle due norme incriminatrici, indice della specificità del reato militare.

Infatti, mentre nell’art. 329 c.p. si parla genericamente di rifiuto o ritardo ad eseguire una richiesta, nell’art. 173 c.p.m.p. si fa riferimento all’omissione, rifiuto o ritardo nell’obbedire a un ordine.  Quanto alla nozione di disobbedienza essa è contenuta nell’art. 1347 del codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66/2010), il quale stabilisce che: “l’obbedienza consiste nella esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini attinenti al servizio e alla disciplina, in conformità al giuramento prestato”.

L’obbligo di obbedire agli ordini del superiore gerarchico incontra l’unico limite nell’ipotesi in cui l’ordine impartito sia manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato. (art.1349 del D.Lgs. n. 66/2010).

Come può realizzarsi la disobbedienza

La disobbedienza può realizzarsi attraverso tre condotte differenti descritte nella norma incriminatrice in esame, ossia:

  1. Rifiutare di eseguire l’ordine;
  2. Omettere di eseguire l’ordine ricevuto;
  3. Ritardare l’esecuzione dell’ordine.

Affinché si configuri il reato l’ordine deve essere attinente al servizio o alla disciplina.

Il servizio deve essere regolato da uno schema normativo astratto dettato dall’autorità militare che vale per tutti i militari che svolgono tale servizio.

La nozione di disciplina militare è, invece, contenuta nell’art. 2 della L. 382/1978, recante norme di principio sulla disciplina militare, il quale stabilisce che la disciplina militare consiste nell’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze Armate ed alle esigenze che ne derivano.

Ne consegue che il reato non si configura quando il superiore gerarchico impartisce un ordine che esula dalla nozione di “servizio” e “disciplina”.

E’ necessario, poi, precisare che in capo al militare sussiste, un generale dovere di obbedienza alle disposizioni emanate da tutti i superiori di grado, dunque, ai fini della configurabilità del reato in esame non è necessario che vi sia un rapporto di dipendenza funzionale ma è sufficiente che vi sia una differenza di grado tra chi emana l’ordine e chi lo riceve. A tal riguardo l’art. 729 co. 1 lett. b) del DPR N. 90/2010, recante disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, prevede che il militare deve obbedire all’ordine ricevuto da un superiore dal quale non dipende direttamente, informandone quanto prima il superiore diretto.

Nel caso, invece, di contrasto tra due ordini la lett. c) del predetto riferimento normativo sancisce l’obbligo del militare di far presente al superiore l’esistenza di un contrasto con un precedente ordine ricevuto da altro superiore ma, qualora la disposizione venisse confermata, avrebbe comunque il dovere di obbedire al nuovo ordine nonché di informare tempestivamente il superiore dal quale aveva ricevuto la disposizione precedente. Pertanto il militare che riceve un nuovo ordine che sia in contrasto con uno precedente, deve prima eseguire e poi informare l’emanatore della prima disposizione, se ne deduce che il ritardare l’esecuzione del nuovo ordine per informare prima il diretto superiore integri la fattispecie di cui all’art. 173 c.p.m.p.

Per integrare il reato di disobbedienza militare è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevole volontà di rifiutare di obbedire ad un ordine attinente al servizio intimato dal superiore,  al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 4, comma quarto della L. n. 382 del 1978.

Le sanzioni contro la disobbedienza come reato contro la disciplina militare

Il militare che viola questa disposizione è punito con la reclusione militare fino ad un anno.

È previsto un aggravamento di pena nel caso in cui il fatto è commesso in servizio, ovvero a bordo di una nave o di un aeromobile, in tal caso la reclusione militare è da sei mesi a un anno, e può estendersi fino a cinque anni se il fatto è commesso in occasione di incendio o epidemia o in altra circostanza di grave pericolo.

Cosa dice la giurisprudenza sul reato di disobbedienza

La Cassazione penale ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 173 c.p.m.p. nel caso di rifiuto opposto da un militare presente in caserma ma temporaneamente esonerato dal servizio attivo, a causa del certificato medico prodotto dopo il rigetto della sua domanda di licenza – di obbedire all’ordine impartitogli dal superiore gerarchico di presentarsi in infermeria per sottoporsi a visita, atteso che detto ordine è funzionale alle esigenze d’ufficio connesse alla doverosa verifica della legittimità del suo esonero dalle attività di servizio per ragioni di salute (Cass. Pen., sez. I, 16 luglio 2015, n. 30724).

La giurisprudenza ha, inoltre, ritenuto configurabile il reato di disobbedienza nel caso di rifiuto, da parte del militare, di sottoscrivere per presa visione – come previsto dall’art. 19 del D.P.R. 15 giugno 1965 n. 1431 – le note caratteristiche redatte dai superiori gerarchici, trattandosi di adempimento attinente al servizio (in quanto finalizzato a rendere incontestabile l’avvenuta comunicazione di dette note) e nulla rilevando in contrario (atteso che per la sussistenza del reato, sotto il profilo psicologico, è richiesto solo il dolo generico), il fatto che il rifiuto sia stato motivato unicamente dall’intento di contestare il contenuto del documento di questione (Cass. Pen., sez. I, 13 ottobre 1999, n. 11725).

Possiamo concludere osservando come l’autonoma fattispecie di obbedienza di cui all’art. 173 c.p.m.p., nonostante la struttura similare a quella del predetto art. 329 c.p., trova la sua ragione giustificatrice nell’esigenza di garantire una tutela speciale al dovere di obbedienza del militare quale parte caratterizzante dello status di militarein virtù del suo ruolo fondamentale per il soddisfacimento delle esigenze di disciplina e quindi di servizio.